Anche in Svizzera, lo abbiamo letto la scorsa settimana, fra l’altro senza alcun stupore, vi è necessità di riflettere su come riportare valori semplici nel calcio. Cambiare ciò che è diventato questo sport èmpraticamente impossibile, ma il rispetto per le regole e l’enucleazione dei “dirigenti” che hanno coperto di letame ogni più sano principio deve essere nel programma di qualsiasi società.
Abbiamo raccolto negli ultimi anni cartelle piene di segnalazioni di storie buie; le abbiamo rese pubbliche; ci siamo scandalizzati; qualcuno si è anche indignato. Poi però, le società sono le prime ad avere necessità di sponsor, di quattrini cash, di fotocopiatrici, di mini bus. Ed ecco che proprio dal basso parte l’emigrazione di genitori/allenatori e
parenti dentro le società con lo scopo di promuovere e finanziare la scalata del figlio o del nipote prendendo le scorciatoie più comode.
Abbiamo letto le storie di tante famiglie, ma sappiamo benissimo di conoscerne almeno il triplo. Siamo spesso preoccupati per il mercato delle squadre, distratti e affascinati da quello che succede nelle stanze dei bottoni e non ci rendiamo conto che dal basso stanno giungendo segnali chiari e forti di una necessità di rivoluzione che solo gli educatori, i direttori tecnici e coloro che hanno la preparazione necessaria per esercitare un ruolo chiave nella crescita dei ragazzi possono utilizzare per cambiare le regole.
Il calcio non è altro che lo specchio della società in cui viviamo. Stimiamo e ammiriamo la purezza di chi cerca ancora di farci credere che lo sport agonistico possa essere un giardino del paradiso, ma la realtà – specie in alcuni paesi – è quella di tariffari ai quali attenersi per finanziare la scalata del proprio assistito. Fa arrabbiare pensare che il “merito” siano sempre più un valore che si dissocia dal mondo del calcio, specie da quello giovanile. Tuttavia, la classe dirigente che ha il compito di prendere in consegna un bimbo di sei anni e di educarlo entra spesso in conflitto con le dinamiche societarie che fanno capo ad una piramide di intermediari che vivono di sotterfugi trasformando in lecito ciò di cui loro stessi sarebbero i primi a vergognarsene.
Ecco allora che di soluzioni ce ne sarebbero a bizzeffe, ma fino a quando continueranno ad essere solo degli slogan copiati, affissi sui muri dei centri sportivi (come per lavarsi la coscienza) e fatti propri per mancanza di idee concrete, non avremo alcun modo per cambiare le nuove regole del gioco. Mai come in queste circostanze servono fatti. Già: ma quante teste cadrebbero?