Luigi Tirapelle è uno tra gli allenatori più ‘pregiati’ senza panchina. La sua ultima esperienza a Paradiso è finita ancora prima di iniziare. Il tempo della preparazione invernale, qualche amichevole e poi il primo stop causa coronavirus. Le conseguenze della pandemia si sono inevitabilmente abbattute sul (buon) legame tra i leoni luganesi e l’allenatore ex Bellinzona. Con ‘Gigi’ abbiamo scambiato due chiacchiere spaziando dal presente, al passato e futuro.
Gigi, come stai vivendo questo periodo di pausa forzata senza una panchina ?
“È innegabile confessare che il non allenare mi manchi, ma l’attuale situazione con la pandemia Covid 19 ancora presente mitiga un po il dispiacere perché in ogni caso a livello non professionale non si possono svolgere le attività nella maniera giusta. Spero vivamente che tutto questo finisca presto e che si possa tornare a praticare il calcio, lo sport e tutte le altre attività in generale in modo normale come eravamo abituati”.
Cosa fa un allenatore in questi periodi?
“Calcisticamente parlando durante questi periodi, io cerco di rimanere aggiornato il più possibile su quello che succede. Leggo le notizie sui vari siti sportivi, guardo le trasmissioni sportive come per esempio “ il salotto del calcio regionale “, la vostra nuova bella iniziativa che sicuramente darà una mano a far si che il calcio regionale ticinese possa sempre più essere seguito e amato dai tifosi. Guardo molte partite in TV o al computer, così come vado alla ricerca di filmati o conferenze in cui si parla di calcio per migliorare il più possibile le mie conoscenze sulla materia che mi interessa. Logicamente se fosse possibile andrei anche a vedere dal vivo allenamenti e partite ma in questo momento non si può”.
C’è un allenatore più di tutti, nel calcio regionale ticinese, che segui da vicino e reputi preparato ?
“Penso che nel calcio regionale ticinese ci siano molti allenatori bravi e preparati, ma sinceramente non seguo nessuno da vicino. Posso dire che a me piacciono gli allenatori pratici ed essenziali. Quelli che vanno subito al sodo. Poche cose chiare e precise secondo me favoriscono una buon rapporto con le persone in generale”.
Quanto rammarico c’è per la brevissima esperienza a Paradiso ? C’erano le basi per costruire qualcosa di importante …
“Si, penso che c’erano e ci siano ancora le basi per costruire qualcosa di importante. Nei due mesi e mezzo in cui ho potuto lavorare a Paradiso, con la collaborazione dei membri del comitato presieduti dal presidente Antonio Caggiano, del direttore sportivo Giampiero Stagno, dei componenti dello staff tecnico: Josè Di Stefano,Luca Righi, Enrico Pedemonte, Eros Beretta e di tutti i giocatori a mio parere eravamo riusciti a raggiungere la consapevolezza che potevamo fare delle ottime cose. Nonostante i cambiamenti a livello tattico che avevo portato i ragazzi si erano adattati molto bene e si notava che più si andava avanti con il lavoro e più si rendevano conto che eravamo sulla strada delle belle soddisfazioni. Peccato non aver potuto continuare. Non c’è controprova ma a mio parere e sentendo quello che dicevano i giocatori c’erano le basi per poterci prendere delle belle soddisfazioni. Peccato non aver potuto continuare”.
Positiva la tua esperienza a Bellinzona. Quali sono state a tuo avviso le difficoltà dei granata nel tentare il salto in Challenge ?
“Si i due anni passati a Bellinzona sono stati veramente belli e pieni di soddisfazioni. Il primo anno abbiamo vinto il campionato di Prima Lega Classic e poi successivamente le finali con la conseguente promozione, più la coppa come miglior squadra dei dei tre partecipanti, mentre il secondo anno in Prima Lega Promotion abbiamo raggiunto il terzo posto alle spalle delle due corazzate Stade Lausanne Ouchy e Yverdon Sport, qualificandoci di diritto per il tabellone principale di Coppa Svizzera. Per quanto riguarda le difficoltà nel tentare il salto in Challenge League penso che sia molto complicato se non hai una buona programmazione unita ad un’importante disponibilità economica e un pizzico di fortuna considerando il fatto che solo la prima in classifica sale di categoria. In questi anni l’ Yverdon Sport ha sempre avuto un budget e un’organizzazione molto superiore agli altri e quindi inevitabilmente sia nelle stagione scorsa, poi annullata per il Covid, che in questa sta, dominando senza problemi. Attualmente mi pare che i dirigenti del Bellinzona stiano cercando di colmare le distanze che ci sono, ma non è facile farlo in questa situazione particolare. Sono comunque convinto che il Bellinzona prima o poi ritornerà nel calcio professionistico visto che è un’importante e gloriosa società e ha la fortuna di avere dei fantastici tifosi molto vicini alla squadra”.
Giudizio sul Lugano ? Dove lo vedi a fine stagione ?
“Il Lugano sta facendo molto bene e auguro alla società bianconera di continuare così. Se il Lugano riuscirà a mantenere la giusta concentrazione e umiltà unita ad un pizzico di fortuna penso che possa lottare per il terzo posto che le garantirebbe l’accesso alle coppe europee nella prossima stagione. L’importante comunque è mantenere la categoria, e non è per niente facile in questa Super League molto livellata”.
Tirapelle e il calcio. Mi sento di dire che il calcio sente la mancanza di Tirapelle. Quanto manca a te, invece, il calcio ?
“Grazie per il tuo commento nei miei confronti. Come già ho detto di calcio ne vedo tanto in TV e utilizzando il computer ma a me, come penso anche la maggior parte degli allenatori senza una panchina, manca l’aria che si respira sul campo e negli spogliatoi così come l’adrenalina che ti da la partita settimanale. Mi manca anche il rapporto quotidiano con lo staff e con i giocatori fatto di momenti positivi e negativi ma che ti fanno sentire vivo e inserito in un progetto che aggrega molte persone”.
Dovessi ricevere una chiamata: quali sono i requisiti di una società per affidarti la panchina ?
“Mi piacerebbe ricevere una chiamata da una società di un certo livello e che abbia l’obiettivo di fare un campionato importante, ma sopratutto che abbia i mezzi strutturali, organizzativi e umani per riuscire in questo progetto. Mi rendo conto che non è facile trovare tutto questo ma è quello che mi piacerebbe succedesse. Poi c’è la realtà e se dovessi essere chiamato valuterò di volta in volta cosa fare ben sapendo che ogni realtà fa il massimo per le sue possibilità e che quindi starà all’allenatore e i suoi collaboratori trovare il modo per far funzionare la situazione. L’importante però è che sin da subito gli obiettivi che si propongono siano chiari, raggiungibili e supportati dalla società”.